I Giorno: Castelluccio – Rifugio Ghezzi – Colle Abieri – Passo di Sasso Borghese – Vallelunga – Capotenna – Casaletto di Rosi
II Giorno: Casaletto di Rosi – Valle Stretta – Passo Cattivo – Cima di Vallinfante – Passo di Sasso Borghese – Colle Abieri – Rifugio Ghezzi – Castelluccio
Bellissimo e lungo itinerario alla scoperta del complesso centrale dei monti Sibillini che abbiamo intrapreso in tre amici affiatati impiegando due giorni per compierlo.
Giorno 1 – Partiti da casa molto presto per essere di partenza di buon mattino, ci incamminiamo con zaini decisamente pesantucci sulla carrareccia (segnavia 553) che da Castelluccio, attraverso i colli Alti e Bassi, conduce a Capanna Ghezzi. I primi cento metri sembrano eterni… Si sale piano e con un po’ di affanno fino a sentire le gambe che piano piano si riscaldano e cominciano a lavorare. La strada è lunga e in alcuni tratti so già che ci sarà da faticare. Tranquillamente arriviamo alla Capanna Ghezzi dove ci aspettavamo una sorgente e invece niente acqua. Ora c’è ma i tubi che la trasportano in caso di sole la scaldano in maniera pessima. Ci fermiamo un attimo e ripartiamo seguendo il sentiero a monte (segnavia 552) che in tranquilla salita ci fa passare su pendii erbosi fino alle Pianacce dove in poco si arriva al bivio col sentiero 555 a Colle Abieri. Lasciamo il sentiero 552 e continuiamo in salita verso il passo di Sasso Borghese sulla vecchia strada imperiale. Stiamo salendo ora su sfasciumi di roccia che sembra non finire mai e invece ci ritroviamo a passare in un posto spettacolare… Siamo ormai a 2000 metri ed entriamo in una conca stupenda da una strettoia tra le rocce. Il Monte Argentella è adesso alla nostra destra richiamato dal sentiero 558 ma noi andiamo ancora avanti fino al Passo di Sasso Borghese. Nebbia. Non pesante ma fastidiosa ci limita lo sguardo che però a volte si apre sul Sasso di Palazzo Borghese e ne svela la bellezza cattiva, aspra… E neve. Poca, ma suggestiva per essere a Giugno inoltrato. Ci fermiamo per una sosta e qui qualcuno non mi da retta… “non mangiate molto che la strada è ancora lunga..”. E niente, io con una barretta energetica e qualche sorso di Energade, “qualcuno” con panini (vari panini, troppi panini :-D ) poi le gambe sono tagliate in due… Si riparte traversando un nevaio e continuando sul sentiero 261 che aggira la cima del Monte Porche e porta sulle creste erbose che congiungono il Monte Porche alla cima di Vallinfante. Noi ci fermiamo prima appena vediamo aprirsi alla nostra destra la Vallelunga. Scendiamo nella conca sommitale e vediamo subito un particolare che gela il sangue… una spaccatura netta, dritta come se fosse stata tracciata col laser, lunga a perdita d’occhio, segno della potenza del terremoto che ha traslato le due parti di faglia in maniera netta, precisa. Voglio guardarla, sedermi su un bordo e appoggiare i piedi sul fondo… capisco l’evento, sono Geologo, la forza e l’energia che si svilupparono istantaneamente mi danno un fremito in tutto il corpo. Andiamo, è meglio. Scendiamo seguendo la valle ma poco dopo una strettoia piena di neve e ghiaccio ci fa deviare e capiamo che dobbiamo essere molto cauti: il peso è tanto e scivolare qui non sarebbe bello. Scendiamo e la valle si apre, la neve scompare, la temperatura ora è più mite ma… il sentiero non esiste! Solo grandi massi e ciottoli coperti da erba alta che ci fanno procedere molto lentamente e con dispendio di energia pazzesca. Ci fermiamo su delle rocce a riposare e qui la sorpresa: in lontananza vediamo un branco di vacche e fino qui va tutto bene, ma quegli animali marroni più piccoli vicino alle vacche cosa sono? Cervi? No… Stambecchi? mah… si muovono in maniera strana… fammi prendere il mio cannocchiale.. E qui, vuoi per la stanchezza, vuoi per la certezza di un pericolo molto consistente, parte un fraseggio colorito che non posso riportare. Al centro della valle stava pascolando (?) un branco di cinghiali con i cuccioli ancora piccolissimi. Un maschio bello grosso, quattro femmine e contati 16 piccoli guizzanti nell’erba alta! Ok, recuperiamo un po di fiato e forze. Siamo distanti, se ci facciamo sentire non caricheranno e hanno tutto il tempo di andarsene. Così facciamo e mentre scendiamo lentamente produciamo caratteristici rumori umani come voci alte, colpi di bastone e battute di mani. Sembra funzionare… il gruppetto scende a sinistra di una collinetta e noi cominciamo a scendere a destra quando… alla fine della goletta davanti a me appare il maschio. Mi fermo, è a meno di trenta metri da me, non fiato e lo guardo… lui mi guarda… poi guarda il suo branco che se ne sta andando e lo segue per le rupi fino a perdersi tra le rocce. Ok, se non ho avuto un infarto adesso non lo avrò più per un pezzetto… Siamo ormai stanchi, provati , ma dobbiamo attraversare ancora il mare di tronchi abbattuti da una valanga… Immenso, un disastro… Ci facciamo largo zigzagando tra i tronchi per una buona mezz’oretta e finalmente arriviamo al Casaletto di Rosi. Recintato. Lo sapevo, me lo ricordavo, ma non è bello vederlo semidistrutto. Visto l’incontro ravvicinato coi cinghiali oltrepassiamo la recinzione (non me ne voglia il signor Rosi) e decidiamo di piantare la tenda li per la notte. Cena finalmente per me, che ero stato leggero a pranzo, a base di salame, formaggio e vino rosso! E per finire una bella sigaretta non me la toglie nessuno. Buonanotte. Stanotte si dormirà pesantemente.
Giorno 2 – L’alba mi fa svegliare dolcemente ed esco dalla tenda stiracchiandomi un po’… Tiro fuori un po di formaggio e salame e ne approfitto. Colazione montagnina. Sveglia gente che si parte presto! Sarà lunga anche oggi! Non vi alzate? E io comincio a smontare la tenda! Si alzano, si alzano… Si parte, zaini in spalla e via. Prima puntatina allla sorgente del Tenna a sciacquarci la faccia. E’ cambiata anche lei… male. Seguiamo in salita quel che resta della vecchia strada sterrata che sale per la Valle Stretta facendoci largo tra i tronchi abbattuti e attraversando il torrente più volte anche scalzi passando di fianco al vecchio abbeveratoio artistico fatto con delle policrome vasche da bagno in cascata. Saliamo faticando per il caldo e ritorniamo di nuovo sui 2000 metri in vista del Passo Cattivo. Arrivati al passo lo spettacolo è devastante… tutto crollato e spaccato verso Macchie. Fa impressione. Irriconoscibile. Ma il panorama è sempre bellissimo… E in lontananza, tanta lontananza, forca di Gualdo… Ora saliamo con più tranquillità verso la cima di Passo Cattivo seguendo il sentiero a mezzacosta in lieve salita, costeggiando la cima di Vallinfante e passando sulle creste a sud verso il Monte Porche. Belle, erbose…riposo!!! Ora a sinistra si apre la Vallelunga percorsa il giorno prima e già viene la malinconia… Davanti il Monte Porche ci indica quanta strada ci rimane alla fine dell’avventura… Ci incamminiamo verso Il Monte Porche e al sentiero di ritorno già percorso il giorno prima ma senza nebbia. Giornata pulita che ci fa godere dei panorami non fruiti in precedenza: il pian Piccolo (o Perduto), la Romitoria… Si scende da Palazzo Borghese fino al Capanno Ghezzi. Bella visuale sul Pian Grande e Castelluccio (un po’ meno bella e che mette un nodo in gola). Manca poco ma siamo veramente esausti… A 200 metri dalla macchina ci fermiamo sfiniti, appoggiati ai bastoncini con le forze al limite. Gli zaini si fanno sentire. Ultimo sforzo. Macchina. Cambio rapido e via a Castelluccio a mangiare qualcosa e soprattutto bere. Birra. Ci sta tutta. E mentre siamo appena di ritorno da una bella avventura i miei occhi già scrutano i profili dei monti per la prossima… (perché se si rivolgono alle macerie di Castelluccio si riempiono di lacrime).
Qui puoi scaricare i file completi del percorso per gps o Google Earth