Eccomi qua, appena tornato da uno dei trekking più belli che io abbia mai fatto. La Maiella o Majella, considerata madre dalle genti che hanno vissuto quassù fin dalla notte dei tempi, è un enorme massiccio molto selvaggio dove ci si può sbizzarrire per giorni in trekking molto complessi e lunghi ma di un fascino ed una emozione uniche.
Non è la prima volta che faccio trekking sulla Maiella, ma questa volta volevo provare l’ebbrezza di vedere un’alba dopo aver dormito a grotta Canosa a 2604 mt. Io e il mio amico Berfo avevamo deciso di partire martedì 5 agosto, con adeguate scorte idriche (l’acqua è inesistente in quota) e prendere la bidonvia che sale per la valle di Taranta Peligna fino alla grotta del Cavallone (1600 mt. ca.) e da lì arrivare alla grotta Canosa in giornata onde avere due giorni pieni di escursioni sugli altopiani a 2500 mt.
Ma le cose non filano mai lisce…
La sera prima: Berfo facciamo check control dell’attrezzatura.
sacco a pelo ok, stuoia ok, cartina ok, bussola ok, PMR ok, lampada frontale a led (dura molto più a lungo) ok, ricambio completo ok, Pile ok, giacca in goretex® ok, crema solare, occhiali scuri e cappello ok. Bene, ho controllato il sito della grotta del Cavallone e dice che la bidonvia è aperta tutti i giorni ad agosto… si va!
Partenza ore 6, la strada va via che è una meraviglia tra una ronfatella di Berfo ed un cappuccino… Arriviamo alle 9,30 a Taranta e passo a salutare mia suocera, Lucia, che passa l’estate qui, beata lei. Alle 10,00 siamo all’attacco della bidonvia… Che diavolo stanno facendo? E’ chiusa!
Chiedo… fino a giovedì nisba. Ma p… e adesso? Berfo, ci sballa tutto il giro… Sai che facciamo? Partiamo lo stesso. Ma come cavolo si fa a mettere in manutenzione una struttura che rimane aperta solo ad agosto, proprio ad agosto!!! Non voglio polemizzare ma questa è incompetenza pura!!! Oppure non c’è la volontà di aprire. Ma capperi, basta saperlo: almeno accennarlo sul sito… molti erano in attesa al piazzale e credo che molti non verranno più… ma forse è proprio quello che si voleva… sbaglio?
Va bene, saliamo lungo la stradina che sale ripida lungo i piloni della bidonvia… ammazza che caldo, e che peso ‘sti zaini (25 kg ndr). Continuiamo tra tornanti per 700 mt di dislivello e arriviamo al rifugio di Aligi (chiuso) alle 13,30, poi ci sistemiamo sotto un albero a mangiare e riposare un po’. Dopo un’ oretta ripartiamo puntando a est alla volta del rifugio Macchia di Taranta visto che il peso non ci permette troppo dislivello. Si ma dov’è? Continuiamo il sentiero fino ad una valletta con dei tombini e vediamo un sentiero in parete che segue gli strati e porta fuori dalle balze… Vai Berfo ultimi sforzi il rifugio è lassù. Arriviamo lassù ma il rifugio è laggiù 150 mt di dislivello più in basso… Bel vuoto a perdere…Beh andiamo lo stesso, dormiamo e domani ripartiamo per la cima. Bel rifugio, ristrutturato da poco e con la parte invernale (quella sempre aperta) pulitissima e con un tavolone con panche bellissimo.
Vai, tira fuori formaggio, salame e vino che si mangia!!! Ma chi ci ammazza? Guarda che bello il tramonto… Dormire…
L’alba… che spettacolo… una pizzetta, un po’ d’acqua e via, si riparte. Ok seguiamo il 10C… 1900 mt. poi fine dei segna via e un sentiero che probabilmente non è frequentato (si fa fatica a vederne le tracce). Basta, faccio a modo mio. Carta, bussola e naso. Il paesaggio adesso cambia repentinamente: rimangono solo pochi e sparsi pini mughi e ginepro. Poi, ancora più in su, neanche quelli, l’erba è scarsissima, a chiazze e indica le parti più umide di terreno. Ci si rivelano tracce di nomadismo pastorale con ruderi di capanne in pietra, più in là i resti di una mucca (poveretta). 10C scritto su una pietra; bah non ci capisco più nulla, non dovrebbe essere qui, ma tant’è, andiamo avanti, siamo ormai a 2400 mt.
Saliamo lassù, ci siamo ormai… 2500 mt., siamo in cima al pendio e… Senza parole. E’ tutto davanti ai nostri occhi… il Monte Amaro, il piano Amaro, l’Acquaviva, la cima dell’ Altare… la Grotta Canosa, la nostra meta, finalmente.
Andiamo, ultimi sforzi. Sono le 13 e siamo qui a 2604 mt. a guardare da sopra la grotta tutto l’altopiano.
A mangiare, forza, e poi a riposare che sono stanco (quasi) morto! Non finirei mai di guardare il panorama, le api che cercano acqua dai piccoli fori della volta della grotta, le sstelle appenniniche, piante e fiori mai visti prima tranne che sui libri…Guardo per terra incuriosito da un sasso… ma questa era una barriera corallina… quanti reperti di corallo quassù… Via, a riposare poi cena e …
dove si va a ballare stasera? Alla “dolina perduta” o al “promontorio selvaggio”? Mah, io resto a casa tanto ci saranno i soliti quattro lupi! A parte gli scherzi, animali così in alto non ce ne sono per la totale mancanza di prede quindi qui è il deserto, bellissimo, silenziosissimo, surreale.
Dormo come non mai, nel mio sacco a pelo, guardando le stelle complici anche loro di questo paradiso, con una temperatura esterna di 9 gradi alle 5.30 del mattino ma che non si avverte neanche… sto benissimo… Berfo pure… L’alba. Corro in cima al promontorio per cogliere l’attimo. Mi si stringe il cuore. Non devi finire mai… Fermati… Eh, che volete, non si ferma. Partiamo che ci aspetta mia suocera con un piatto di pasta e fagioli che Berfo sogna da due giorni (he, he).
Scendiamo, stavolta per lo Iaccione e la valle dei Fontanili ma senza seguire il sentiero 10, cercando di scendere lungo le creste della valle di Taranta, tanto come al solito il sentiero è “fai da te”. Riprendiamo verso est a 1800 mt. rientrando in valle e collegandoci al 10B.
Dopo poco stiamo scivolando sui ghiaioni che tagliano verso il rifugio di Aligi.
Ma guarda, la bidonvia doveva essere aperta, invece… ci accompagnano due ragazzi che si occupano della manutenzione, per fortuna, se no altri 700 mt tanto da 2600 a 1500 erano pochi!
Bene, giusti giusti per pranzo. Che si rivela come al solito luculliano… Che spettacolo , adoro questi posti, questa gente, Maiella madre… si capisco adesso… ma voglio capire ancora, tanto devi ancora insegnarmi Maiella, madre, anche un po’ mia.
Ecco uno stralcio della carta al 25.000 redatta dal CAI di Chieti
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