A volte da una passione nasce un lavoro. Sarebbe bello se fosse sempre così ma sono purtroppo pochi ad aver sperimentato questa fortuna. Io, se pur per un breve periodo della mia vita lavorativa, sono riuscito a far coincidere le due cose. Poi la famiglia, i figli, portano ad una vita più vicina e meno girovagante, così ho deciso di cambiare radicalmente stile di vita e lavoro per poter essere più presente. Rimane sempre la passione netta e solida per la montagna che viene pienamente vissuta ma solo per sport e tempo libero. Uno dei lavori eseguiti da me e i miei amici (guarda caso Berfo c’è), è stata la posa di sensori per controllare la stabilità di due ponti ferroviari sul Po, uno a Pavia e uno a Mantova. Devo presentarvi un altro dei miei grandi amici: Federico (da adesso in poi Sigo) che ha condiviso con me moltissime avventure e che avrete modo di conoscere meglio anche nei futuri post. Sigo, riconoscibilissimo per la folta chioma, è stato mio secondo di cordata e amico d’avventure per molto tempo, poi, ci siamo un po’ persi di vista quando ho traslocato.
Grazie a Facebook, siamo riusciti a ritrovarci e abbiamo constatato che nulla era cambiato nelle nostre passioni e stiamo preparando nuove avventure per il futuro. Bene, torniamo ai ponti.
Prendemmo questo lavoro da una ditta d’ingegneria che aveva un problema per la posa in opera di una serie di sensori in quanto gli unici accessi erano o il fiume con uno zatterone ancorato ai piloni (improponibile) o dall’alto, dalla sede ferroviaria. Un mio amico che lavorava in questa ditta mi chiese se era fattibile con le corde portare a termine il lavoro e noi, dopo aver visionato le foto del ponte e il tipo di lavoro accettammo di partecipare all’offerta. Vincemmo e a febbraio cominciammo da Pavia. Febbraio… Pavia… Po… FREDDO!!! Un freddo cane che la mattina per sbrinare i vetri ci voleva la picozza! Ricordo che le corde posizionate sul ponte erano completamente ghiacciate e c’era una veletta di ghiaccio lungo tutta la lunghezza della corda che somigliava a quella vista nei filmati delle spedizioni sull’Himalaya. Per riscaldaci le mani le mettevamo a turno davanti alla marmitta del generatore (che goduria). Per arrivare sopra il pilone giusto (erano due circa a metà ponte) dovevamo avere l’ok dall’addetto delle ferrovie e calarci dalla sede fino sotto la stessa. Era bellissimo vedere i treni sfrecciare a poche decine di centimetri sopra la testa. Era anche curioso notare le oscillazioni dei giunti di collegamento tra pilone e ponte quando passava il treno…
Cominciammo a calare i sensori (poche centinaia di grammi) inscatolati in una struttura di ferro da 80 kg! Nonostante il freddo, era bellissimo calare lungo il pilone, fermarsi a pelo d’acqua e osservare la natura del Grande Fiume. Il lavoro era duro ma tutto era rilassante: lo sciabordio dolce dell’acqua, i cormorani che si immergevano a caccia di prede, le isole piene di alberi, i tramonti mozzafiato… A Mantova fu diverso: era Marzo ma il caldo sembrava di Giugno: lavoravamo senza neanche la maglietta addosso. La risega del pilone (il dente in basso dove fissavamo l’anello di tubi di collegamento) era talmente larga che potevamo camminare tutt’attorno comodamente. E’ stato veramente bello come lavoro e ci siamo divertiti un sacco nonostante la durezza e le condizioni meteo sfavorevoli (abbiamo lavorato anche sotto la pioggia). La tecnica usata è principalmente quella speleo con corde statiche e discensori con il bloccaggio, ma si mixano anche altre tecniche come quella alpinistica per i nodi, i Machard, i Prusik e attrezzatura specifica come imbraghi da lavoro con le fasce lombari e cosciali più grandi per una lunga e comoda (!) permanenza sulla corda.
E ogni tanto, quando il freddo era pungente, non disdegnavamo un ricco caffè corretto sgnapa, da prendere rigorosamente appesi calato dall’alto con la famigerata quanto benvoluta corda di servizio.
Più che un lavoro ci sembrava una bella avventura, dura, pesante, ma splendida, una di quelle da raccontare, quando saremo più grandi, ai nostri figli e ai nostri nipoti… Ma per questo c’è tempo ancora e tante altre avventure da fare…
6 thoughts on “Lavorare con le corde: i ponti sul Po”
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che dire? semplicemente fantastico!!!
Grazie Giovanni! Hai visto come eravamo scemi? Beh pensa che dopo 13 anni non è cambiato proprio niente!!! Ciao e Grazie ancora.
beh, guarda ho passa 40 anni e lo scemo lo faccio ancora ;-)
Facciamo allora, senza saperlo, parte dello stesso club! Sempre avanti così mi raccomando!
Anchio una quindicina di anni fà feci qualcosa del genere, montare le calate di un parafulmine in un campanile nel centro della mia citta,fu bellissimo fare di una passione un lavoro anche se non ci fù un seguito,comunque ancora oggi superati i quaranta la pazzia eè sempre la stessa, sarà l’aria di montagna?
saluti Enrico Bazzucchi
Si, sono convinto che sia proprio l’aria di montagna che ci da quella marcia in più! Ci definiamo pazzi ma sappiamo dentro di noi che i veri pazzi sono da un’altra parte…